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La democratizzazione del gioiello

signette

Viene qui riportata la pagina, risalente agli anni Sessanta, di una Signet, la newsletter informativa inviata dall’azienda alle Fashion Show Director – che si occupavano di vendere a domicilio i bijoux firmati Sarah Coventry – nella quale vengono spiegate le diverse possibilità di utilizzo dei gioielli commercializzati

Negli anni ’50 s’incrementa la vendita dei bijoux nei grandi magazzini a prezzi concorrenziali ma quella che letteralmente spopola è la moda degli home party, lanciata nel 1949 dalla Emmons, che 2 anni dopo prenderà il nome Sarah Coventry.

In 20 anni verranno venduti più di 100.000.000 pezzi, grazie anche alle dimostratrici che, creando un momento di socializzazione direttamente nelle case delle clienti, porteranno la donna a diventare fondamentale in ogni fase della collocazione del prodotto sul mercato.

Tutti gli eventi rilevanti, ad esempio il primo lancio spaziale, offrono spunti ai produttori di bijoux e la plastica farà da regina in questo periodo.

Anche in Italia il bijou di fantasia inizierà a fare il suo ingresso, visto soprattutto come oggetto di lusso in correlazione con l’alta moda; sarà infatti questo il motivo, più che la maggiore autonomia sociale ed economica della donna, a far sì che i gioielli di fantasia non vengano più considerati semplici “falsi”, sicché anche in Italia si comincerà a superare il borghese mito dell’oro.

Siamo giunti agli anni ’60 il decennio dei grandi cambiamenti, della pillola e della minigonna, del baby doll e dell’unisex in cui gli abiti da uomo e da donna sono molto simili tra loro; è il decennio dei Beatles e della Pop Art di  Andy Warhol che dedicherà nelle sue opere molto spazio al concetto e al valore di “falso”; molti artisti oltre a Warhol – ad esempio Dalì –  si cimenteranno nella creazione dell’arte in forma di gioiello e l’ultimo dei grandi disegnatori di bijoux americani, Kenneth Jay Lane sarà negli anni ’70 incoronato re indiscusso di quei multipli che la Pop Art aveva insegnato a considerare non solo una ripetizione dello stesso soggetto, ma un modo per far arrivare l’idea dell’artista al maggior numero di persone possibile.

KJL il re del falso

Kenneth Jay Lane, il Re del Falso

Nel decennio seguente, gli anni ’70, saranno invece predominanti il richiamo ad una vita più semplice, gli abiti in spandex, i simboli della pace e l’attrazione per l’oriente.

In questo periodo l’industria del gioiello vede un calo di produzione. Cosi come nel periodo della crisi economica degli anni ’40 I bijoux non sono visti di buon occhio ad eccezione degli orecchini molto grandi e dei pendenti con simboli naturali. I temi ricorrenti negli accessori sono principalmente tre e si sono sostanzialmente susseguiti cronologicamente: gli elementi di richiamo alla cultura indiana, soprattutto a cavallo degli anni ’60 e ‘70, i motivi floreali, presenti in tutta la moda dell’epoca, arrivatici direttamente dai movimenti hippy della flower power e le linee geometriche. I materiali utilizzati sono poveri oltre che intrinsecamente anche nell’aspetto: fili metallici intrecciati tra loro, stoffa, perline e piccoli ciondoli in materiali plastici vanno a creare lunghe collane, bracciali indossati indistintamente da uomini e donne, grandi ed appariscenti orecchini.

La cantante Madonna

L’artista Madonna, icona della moda anni ’80

Nei primi anni ‘80 è influente lo strascico del fenomeno punk nato alla fine degli anni ’70. E’ il periodo dell’esagerazione, dei grandi gioielli vistosi, dei tessuti laminati e della voglia di mostrare opulenza a tutti i costi, è il periodo dei colori sgargianti, come il fucsia, il giallo e il blu elettrico, del trucco vistoso.

Si dice che negli anni ’80 il gioiello abbia perso la qualità nel design e nei materiali rispetto ai decenni precedenti… e tu che ne pensi? Provi nostalgia per la moda degli anni Ottanta o per te è solo un terribile ricordo? 🙂

Raccontami il tuo “sentimento” per questo decennio!

E.Z.

 

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Visto al Macef. I gioielli-scultura di Anna Maria Cardillo

Oggi voglio farvi conoscere un’altra designer scoperta al Macef, Anna Maria Cardillo: architetto e designer pugliese, realizza gioielli con un forte carattere mediante l’utilizzo di forme e linee molto semplici – il cerchio è centrale nell’ultima collezione – che abbinate tra loro creano risultati sorprendenti. Le sue creazioni sono il risultato di un’attenta ricerca e si presentano a chi li osserva come delle vere e proprie sculture con un equilibro perfetto tra colore, forma e dimensione.

In questa intervista Anna Maria Cardillo ci introduce nel suo mondo e nel suo modo di intendere il gioiello, presentandoci la collezione MA_SAI.

EZ: Anna Maria, i tuoi gioielli sono molto d’impatto, oserei definirli gioielli-scultura. Quanto influisce la tua formazione nel processo creativo? Qual è la tua visione del rapporto tra colore, volumi e forme?

AMC: La mia formazione di architetto influisce molto sul mio quotidiano; la capacità e l’avida curiosità mi portano poi spesso a voler modificare quasi ogni cosa, per cui la mia mente spazia dagli oggetti di uso comune a quelli più specificatamente legati alla decorazione personale. Il mio rapporto con il gioiello è inteso in una visione più ampia, per me il gioiello è un oggetto intimo con il quale ci si deve relazionare in maniera attiva e consapevole, è un oggetto che può far cambiare l’idea stessa della nostra persona, è un oggetto con il quale si interagisce modificandolo e grazie al quale anche il significato di come mostrare il nostro corpo può cambiare. La combinazione tra i volumi e le forme è fondamentale in questo tipo di processo creativo. Il rapporto con il colore invece è puro istinto, gli abbinamenti che vedete nei miei gioielli, se non sono dettati dal colore insito del materiale che utilizzo, sono decisi in maniera del tutto istintuale.

EZ: Mi interessa capire come nasce un tuo gioiello; solitamente la scintilla creativa come arriva? Prendi spunto dai materiali, parti da un concept astratto che sviluppi oppure quale strada segui?

AMC: Per me, come per tanti designer, non c’è una regola, ma l’esperienza mi ha portato ad aver acquisito un metodo, quindi parto dal concept, che spesso è il frutto di “immagini visionarie” che con il tempo vengono metabolizzate per poi passare alla realizzazione del prototipo, soprattutto se sono creazioni importanti, nella forma e dimensione, per cui studio l’indossabilità, l’ergonomicità, la leggerezza, e altri requisiti che possano caratterizzare nella forma e nell’uso l’oggetto. Lo studio dei materiali e su come questi possano delineare l’assetto cromatico e materico del gioiello è importante per la realizzazione stessa del pezzo.

EZ: Da dove hai tratto l’ispirazione per la nuova collezione MA_SAI? Nome e stile hanno un sapore molto etnico e sicuramente non è un caso.

AMC: Le donne Masai mi hanno sempre incuriosita, per la loro naturale e straordinaria capacità di adornarsi con estrema eleganza ed è molto affascinante la capacità di queste donne, se vogliamo “primitive”, di avere una forte e più che mai attuale connotazione semiotica. Il fascino dei colori e delle forme dei collari delle donne Masai ha ispirato questa collezione con una reinterpretazione personale, esasperandone il minimalismo nel concept cromatico e formale. Il nome “MA_SAI” (scritto con il trattino basso a separare la congiunzione dal verbo) è un tentativo per allontanare il gioiello da un significato specificatamente etnico…spero solo di esserci riuscita!

EZ: Potresti tracciare il ritratto della donna-tipo indosso alla quale immagini i tuoi gioielli?

AMC: Una donna coraggiosa, libera e auto ironica, leggera ma non fragile, sempre attenta al presente e alle novità ma senza dimenticare le tradizioni.

 

Per maggiori informazioni su Anna Maria Cardillo:

website  www.amcardillo.com

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Erika Zacchello

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Punti di Vintage: i Sentieri Preziosi del gioiello

Foto delle collezioni di Sentieri Preziosi a cura di Marco D’Antonio

Oggi voglio parlarvi di Sentieri Preziosi una viva realtà italiana che si dedica alla produzione di gioielli particolari, unici nel loro genere.  Questo brand nasce da un’ispirazione che fonde un gusto estetico che rimanda al lato più tribale ed ancestrale del gioiello, con i sapori delle tendenze vintage più attuali.

Gioielli importanti, presenti. Che vestono.

Gioielli di carattere, preziosi non solo per i materiali che li compongono ma anche per i percorsi che li portano attraverso epoche, culture ed immagini differenti.

In questa chiacchierata con Serena Giglio, anima e mente di Sentieri Preziosi, emerge la sua interpretazione del gioiello, la sua passione per i profumi dell’oriente, per i colori della terra, l’amore per l’arte e le cose belle. In questa intervista emerge il “punto di vintage” di Sentieri Preziosi che oggi vi voglio presentare.

 

E.Z.: Cara Serena, raccontaci cos’è  Sentieri Preziosi e chi sta dietro a questo progetto?

S.G.: Sentieri Preziosi è la realizzazione del mio personale modo di intendere lo charme e l’eleganza. Per me l’eleganza è la fusione del passato e del futuro, in un binomio perfetto nel quale nessuno dei due elementi predomina sull’altro, ma entrambi si fondono in un mix omogeneo. Il risultato sono creazioni moderne nelle forme e nelle realizzazioni ma antiche nei materiali, nei tessuti, negli accostamenti, tutte smontabili ed utilizzabili in varie modalità ed in vari mise.

In questo, ad onor del vero, sono “nipote d’arte” poiché i miei nonni erano esperti di gemme e di gioielleria antiquaria e, per me, che da bambina vivevo praticamente con loro, vederli descrivere le caratteristiche delle pietre, le peculiarità delle lavorazioni, è stato un vero e proprio “teatro vivente”. Ma l’amore della gioielleria non è nato subito. E’ stato un viaggio nell’esotica città di Istanbul a svelarmi il gusto per la gioielleria, che avevo lasciato sopito dentro di me per venticinque anni. Così, in una delle tante vie del Souq di Istanbul, luccicante di pietre preziose e di decori arabescati, è nata l’idea di disegnare una linea di gioielli e di chiamarla proprio Sentieri Preziosi, come quel sentiero del Souq che mi aveva fornito la rivelazione. E’ nata così la mia linea di gioielli, dal sapore “dinamico-vintage”.

E.Z.: Un forte legame con il passato reso attuale grazie ad una reinterpretazione: suona proprio come una definizione di vintage. Cos’è per te il vintage e qual è l’interpretazione che ne dai?

S.G.: Per me vintage è tutto ciò che non è solo bello da vedere ma che ha una storia raccontarti, che ti consente di calarti in un’epoca e di acquisirne, anche solo per poche ore, il gusto e il vezzo estetico. Vintage, è ciò che ti consente di compiere una “trasposizione”, che – immancabilmente – esalta la tua femminilità. Come fai a non sentirti un po’ una matrona, indossando orecchini con vecchie monete di epoca romana oppure a non immedesimarti in una ballerina del primo Moulin Rouge con addosso una collana di vecchio pizzo francese rubato ad una sottana anni ’50? Oppure ancora a non vederti a palazzo dell’imperatore cinese della Dinastia Chin se puoi possedere un bracciale con antiche giade istoriate? Mi piace sentirmi una donna diversa ogni mattina, certe volte – scherzando con le amiche – mi cambio di nome e di ruolo e riesco ad effettuare perfettamente la trasposizione proprio grazie ai miei gioielli. Questa è la mia idea di donna dinamico-vintage: una che non ama ripetersi, che non vuole essere sempre la stessa e che, soprattutto, odia ogni forma di omologazione e che fa della diversità il proprio baluardo di pensiero.

E.Z.: Immaginazione ed immagine: con quale immagine racconteresti Sentieri Preziosi?

Foto delle collezioni di Sentieri Preziosi a cura di Marco D’Antonio

S.G.: L’immagine che meglio descrive la mia Linea, pensandoci di getto, è la parure collana-orecchini in pizzo con micro-applicazioni-scultura realizzate in oro e pietre preziose: sensuale, romantica, perfettamente retrò, impreziosisce anche il più classico dei tubini. Ed è questa la chiave di volta della mia idea di vintage: un unico oggetto retrò, antico – etnico oppure di gusto occidentale non fa differenza – che, montato ad arte, renda unica la mise della donna che lo indossa e che sia riconoscibile, anche senza logo, come una creazione Sentieri Preziosi.

Foto delle collezioni di Sentieri Preziosi a cura di Marco D’Antonio

E.Z.: I gioielli spesso sono un oggetto che ci ricollega ad incontri, pensieri, ricordi ed emozioni. Qual è il tuo punto di vista rispetto a questo lato più emozionale e personale del gioiello?

S.G.: Mi piace studiare la storia dei materiali che adopero nei miei gioielli, gustarne l’utilizzo nelle epoche passate, sapere quali dive o personaggi ne facevano uso. Amo la competenza che non è improvvisazione e che pretende un rispetto quasi sacrale per l’ornamento che si va a creare e che sarà indossato da una donna amante del bello e del ricercato. Per questo, cerco di mettermi in gioco in ogni collezione, temendo sempre un po’ il giudizio del pubblico che rappresenta il giudice più attendibile e solo il sorriso accondiscendente dei miei fantastici nonni, dopo un’attenta  e critica valutazione di ogni pezzo, mi fa capire che “sto facendo bene”. In fondo l’attitudine alla concezione antica e retrò del gioiello la devo tutta a loro. Mi accompagna sempre il monito di mia nonna: “chi mette un po’ di storia e un po’ di antico nelle propri creazioni non risulterà mai banale”.

Per contattare Serena e Sentieri Preziosi potete visitare il sito Internet www.sentieripreziosi.it

Visitate la pagina facebook della maison per restare aggiornati costantemente su tutti gli eventi e per ammirare le interpretazioni delle varie collezioni a tema, nelle fotografie realizzate dal Fotografo ufficiale della Maison: Marco D’Antonio che è anche l’autore delle fotografie utilizzate nell’intervista.

 

A cura di Erika Zacchello

 

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Gli anni Quaranta, tra moda e gioiello

Quella degli anni Quaranta è la decade del secondo grande conflitto mondiale prima della ricostruzione.

Nella prima metà del decennio la realtà della propaganda degli USA serve per diffondere il senso di necessità di sforzo economico in favore dell’impresa bellica. Fiorisce una vasta pubblicistica di pin up, le cui immagini dovevano servire a sollevare il morale dei giovani militari.

immagine di pin upSi diffondono i gioielli patriottici che erano indossati da chi voleva augurare ai soldati buona fortuna. A causa di un decreto presidenziale che vietava l’uso di materiali utili a scopi bellici, erano fatti con materiali facilmente reperibili e più disparati come rafia, legno, resine e, per la produzione più raffinata, sterling, ovvero argento 925.

Sarà in questo decennio che la creatività dei disengatori americani regalerà i bijoux più originali.

Negli anni della guerra l’impossibilità di importare da Parigi, allora Nazione della moda, modelli di abiti e gioielli, darà l’impulso alla creatività dei disegnatori americani, anche se il razionamento dei tessuti farà si che gli abiti femminili siano molto simili all’abbigliamento militare: gonne dritte e sotto il ginocchio, giacche corte, borse a cartella.

In Italia, per quanto riguarda gli abiti, ci sarà in continuazione il tentativo di appropriarsi di bozzetti parigini, in quanto le donne non accetteranno mai di non vestire alla francese, pratica sanzionata dal regime che inizierà a porre un marchio di qualità sugli abiti che devono rispecchiare lo stile fascita.

In questo periodo diversi creatori cercano rifugio negli Stati Uniti e molti di loro riprenderanno la produzione dopo la guerra.

Nel 1946 si inizia a fare sistematicamente pubblicità su autorevoli riviste del settore come Vogue.

Nel 1947 nasce il new look di Christian Dior (caratterizzato da lunghe gonne con larghe crinoline, tacchi alti e spalle

new look di christian dior

Christian Dior e il suo new look

imbottite) che crea grande shock nella moda ma anche nella società, tanto da non essere inizialmente gradito e accettato.

Dopo il grigiore degli anni ’40 c’è la voglia di colore. Con la fine della guerra le tecniche e i materiali dell’industria bellica vengono usati per produrre anche accessori per la casa (vinile, formica ecc…). La nascita delle stoffe nuove e la più diffusa possibilità di avere una lavatrice, permettono a quasi tutti di avere vestiti puliti.

E’ il decennio del rock ‘n roll, dei blue jeans e della Barbie.

Il cambio della moda rende necessari nuovi modelli di bijoux, che ora non solo sono socialmente accettati ma diventano un accessorio chic, tanto da essere scelti da Mamie Eisenhower che, nel 1953 per il ballo di inaugurazione della presidenza del marito, commissionò a Trifari la creazione di una parure da abbinare al suo vestito.

anello cocktail vintageGrazie alle migliorate condizioni economiche diventa possibile invitare amici e conoscenti a cena o per il cocktail, cogliendo così l’occasione per indossare su semplici vestiti neri, appariscenti gioielli, soprattutto anelli, detti appunto anelli cocktail.

Un gioiello dall’indiscusso fascino oggi tornato di gran moda come lo stile degli anni Quaranta!

E.Z.

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La Spilla: la regina della costume jewelry

La spilla Adolph Katz per Coro

Celebre la spilla disegnata da Adolph Katz per Coro nel 1944

La Spilla

Perché parlare de la spilla come simbolo della costume jewelry americana?

Perché la spilla, dal 1850 al 1970 è diventata – e poi rimasta – l’indiscussa protagonista della bigiotteria, sia nello scenario europeo che in quello statunitense.

La spilla è in grado di “parlare” a chi l’osserva e di esprimere attraverso di sé un messaggio, più di quanto qualsiasi gioiello possa fare. Questa sua peculiarità è resa possibile dalle caratteristiche intrinseche del gioiello stesso: non avendo vincoli strutturali come ad esempio una collana, un anello ed un bracciale, può manifestarsi sotto qualsiasi foggia, dimensione, struttura.

Con la spilla non vi sono limiti di materiali ne tanto meno di forme e questo consente al designer di poter dare vita alla propria creatività nello studio e nell’ideazione disegni originali e per nulla scontanti.

E’ con gli anni ’40 che si realizza l’apice della creatività tra designer di successo della bigiotteria come Adolph Katz, Gene Verri e Alfred Philippe. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i contatti tra Europa ed America diventano sempre più limitati tanto da rendere difficile la circolazione delle riviste di moda: l’Europa – e nello specifico la Francia e l’Italia – che sino ad allora era stata il punto di riferimento per gli stilisti e i designer d’oltre Oceano, è difficilmente raggiungibile e non può più fungere da modello e da punto di riferimento.

Figurino anni '40 in una pubblicità di Miriam Haskell

Figurino anni ’40 in una pubblicità di Miriam Haskell

Come spesso accade le criticità hanno la potenzialità di trasformarsi in opportunità, ed è proprio questa opportunità che ci regalerà i migliori esempi di gioielleria americana, preziosa e non. L’isolamento dai modelli di riferimento e il contingentamento dei materiali quali ad esempio il metallo povero, darà l’occasione ai marchi del bijou di creare splendide spille in argento bagnato nell’oro, grandi ed appariscenti, ideali per adornare abiti semplici, lineari e spesso realizzati con tessuti grezzi e dai colori neutri.

La spilla negli anni ’40 diventa la “regina ” indiscussa della costume jewelry. Parla della donna che la indossa a chi la osserva. Lancia un messaggio, comunica il suo desiderio di femminilità anche nei momenti di difficoltà. Parla della sua volontà di manifestare il proprio status sociale, e comunica una sua specifica appartenenza ad un gruppo oppure la sua aderenza ad un ideale. E’ per questo motivo che, ad esempio, le donne americane cattoliche nel periodo di Natale possono riconoscersi a vicenda all’interno della collettività come membri dello stesso gruppo, indossando una spilla a forma di albero di Natale. Allo stesso modo, la spilla a soggetto patriottico,  può diventare un mezzo per dichiarare la propria vicinanza ai soldati impegnati nella seconda Guerra Mondiale.

Spilla patriottica americana, anni '40

Spilla patriottica americana, anni ’40

Spesso mi viene chiesto come mai la spilla non sia più di moda, e  la mia risposta è sempre: “ma non è vero che la spilla non è più di moda!”

Nelle collezioni di haute couture spesso un abito sarà accompagnato da la spilla in grado di catturare la luce dei riflettori. E’ molto differente dire che la spilla non sia più di moda piuttosto che la spilla non sia usata da tutte le donne. L’utilizzo di una spilla implica sicurmente, oggi, una certa volontà di osare e la voglia di comunicare qualcosa di sè.

Spilla Just Cavalli

Spilla firmata Just Cavalli

Se ben ci pensate la spilla, a differenza di un paio di orecchini o una collana, può essere indossata in diversi modi: sul bavero di una giacca, appuntata su un capello o sull’orlo di una gonna, come ciondolo di una collana o come fibia di una cintura.

Anche qui una regina: la regina della versatilità.

Ma tornando a noi… la spilla è di moda perchè la spilla detta la moda del gioiello. E’ la sua vezzosità, il suo essere “qualcosa in più” che la rende così particolare: è il dettaglio che fa la differenza e che trasforma un abito nell’abito.

Consiglio a tutti di provare ad indossare una spilla, magari una spilla vintage, con il suo fascino d’altri tempi scegliendola in base al proprio gusto e alle proprie attitudini: con le perle. con gli strass, le plastiche colorate o di legno.

E’ rischioso però. Le spille sono come le ciliegie… averne una non basta, se ne desidera subito un’altra!

Inizialmente forse sarà strano ed inconsueto per noi usarla, ma poi la spilla diventerà il nostro dettaglio, la nostra più cara amica.

Si sà, essere una regina non è da tutti, ma qualcuno dovrà pur assolvere a questo compito!

 

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